Caro Improtesta di Minchia,
Mi spiace chiamarti in questo modo, ma se io sono decisamente una persona di merda per aver meritato in dono dal karma la tua conoscenza, tu per lo meno meriti un soprannome commisurato al danno che hai fatto. In questi giorni in cui sto iniziando finalmente ad apprezzare la tua assenza dalla mia vita, una frase mi torna in mente, come un ritornello lugubre dal mondo dei folletti in cui chiaramente è andata ad abitare la tua sanità mentale: “non voglio essere nè il problema, nè la soluzione”.
Adesso che la rileggo, tra l’altro, vedo bene quanto la tua paura di impegnarti fosse radicata anche nelle più brevi affermazioni che inserivi nelle nostre conversazioni. Più ci penso più mi sento ingenua e miope, ma fa niente.
Tornando al punto: sai chi non vuole essere parte di una soluzione cosa dovrebbe fare? Dovrebbe cercare di fare meno danni possibile. Ergo, se non vuoi essere la soluzione o parte della soluzione - scelta assolutamente legittima, sia chiaro - allora quanto meno dovresti impegnarti a non essere parte del problema. Perché è questo che sei diventato. Non qualcosa che potessi ignorare, mettere da parte o semplicemente avere al mio fianco mentre cercavo una soluzione ad un problema che chiaramente mi portavo sul groppone. Un amico, o anche solo una persona che volesse, almeno all’inizio, essere mio amico, non avrebbe iniziato quello che hai iniziato tu. E, sì, te ne dò buona responsabilità, visto che io non ti avrei mai baciato dopo il benedetto workshop di Magnani. Mentre tu, nonostante dicessi “non voglio essere il problema” hai visto un fuocherello e, invece di prendere acqua o chiamare qualcuno, hai preso fiammiferi, benzina e fiato e hai iniziato a gonfiarlo. E io adesso mi ritrovo con un pugno di cenere in mano a chiedermi come diavolo ho fatto a non notare la tanica di benzina che ti portavi dietro. Un po’ odio te e un po’ odio me, beninteso. Io sono stata quella abbastanza stupida da cascarci di faccia, di testa, di corpo pieno.
Per tutto questo, ti dico: non saremo amici per un bel po’. Non solo non ci tengo a essere amica di una persona che con tale non curanza mi ha messo in una crisi che così nera non affrontavo almeno da dieci anni, ma non ci tengo nemmeno a essere amica di una persona che, nonostante i più nobili intenti, non è riuscito a dirmi in faccia chiaramente che non era più interessato a vedere dove portava il casino che aveva fatto con me perchè una ventenne sul cammino gli ha fatto gli occhi dolci per una settimana.
Ora arriva la parte più complicata: credimi se ti dico che penso di averti meritato. Penso davvero di aver fatto abbastanza male al mondo, abbastanza male a Nico, per sapere che qualcosa di tremendo doveva capitarmi in grembo. Ma, come si dice, il diavolo non si vestirebbe mai da corvo, ma da colomba. Quindi ora giustifico anche tutti i tuoi modi carini, cortesi e delicati. Non sono affatto capitati a sproposito: erano l'unico modo in cui l’universo poteva piantarmi un pugnale nel cuore.
Non mancheranno però, a questo punto, anche i ringraziamenti: ti ringrazio per la chiarezza con la quale adesso vedo quali persone non è il caso di fare entrare nella mia vita. Persone che non sanno considerare le proprie azioni come generatrici di conseguenze. Persone che cambiano idea ad ogni piè sospinto. Persone che invece di giudicare sè e quel che fanno, giudicano prima il caos presente nella vita degli altri, senza, per altro, offrire loro un modo di venirne fuori. Persone come te, che scelgono le donne con cui stare sulla base di quanto queste ultime siano maledettamente inaccessibili (ergo la nuova tizia che abita a Bari, tra le tante cose). Inaccessibili, ovviamente, a meno che non mollino tutto quello che sono e che hanno costruito per una chance di conoscerti davvero. Tra l’altro, lo sappiamo bene, tu non chiederesti mai loro di lasciare tutto e seguirti. Loro lo dovrebbero fare “per se stesse”, e diventare magicamente single, disoccupate o più vicine alla tua portata per permetterti di non sentirti nemmeno vagamente in colpa per quello che potrebbe accadere alla loro vita nel caso tu, un giorno, non volessi più starci. Perché, come hai sempre detto, tu non intendi comunque fare compromessi per stare con qualcuno. La domanda “allora chi li dovrebbe fare?” diventa così immediatamente retorica.
Ah, un’altra cosa: mi pento di tutto. Di ogni conversazione, di ogni momento insieme, di averti conosciuto in toto. Di averti chiesto di aiutarmi a lasciare mio marito. Di averti detto che l'avrei lasciato se solo me l'avessi chiesto. Di averti dato questo potere su di me e di non aver girato i tacchi quando mi hai detto "non lo farò mai" e io mi sono resa conto che tu non volevi stare con me, ma mi volevi solo single per non sentirti in colpa di quello che stavamo facendo. Mi pento molto anche di pensarti ancora. Per tutto questo, se e quando ti renderai conto di quello che hai fatto, ti prego, non tornare. Non perché cederei ancora - dio santo mi farei venire la cancrena a un piede piuttosto che fare un altro passo nella tua direzione - ma solo per buona creanza. Sii per lo meno consapevole di quanto mi hai spezzato. Apprezza e godi del tuo potere distruttivo perché non è di piccolo taglio e non è comune.
Infine, gli auguri. Non ti auguro di subire quanto ho subito io, sia inteso. Ti auguro di vedermi felice, inafferrabile e di soffrirci come mai hai sofferto per la perdita di qualcuno, sapendo che potevi avermi e non hai saputo cogliere l’occasione. Spero tu posa crogiolare nel sentimento di abbandono e vergogna come nessun altro ha mai fatto, caro il mio Improtesta di Minchia.
Con dilazionato rancore,
S.