- TIZIANO SCARPA "Mi sono fatto due idee. La prima riguarda la cultura materiale, antropologica: ha trionfato il cibo, come dappertutto. Si è verificata la profezia di Guido Ceronetti, che, negli anni Ottanta, in tempi di Aids, prevedeva che la reale incidenza sociale dell’epidemia si sarebbe misurata dalla proliferazione di ristoranti, in un passaggio dalla Lussuria alla Gola. L’Aids per fortuna non ha attecchito, ma in compenso è vero che il desiderio (che sorge inatteso, scompagina i rapporti di potere e comporta ansia, pazienza, messa in gioco di sé, timore di essere rifiutati) ha preferito trasformarsi nel più comodo appetito, che ha i suoi tempi regolari, ricorrenti, rassicuranti, e può essere soddisfatto rapidamente e con facilità."
- TIZIANO SCARPA 2: Spesso i critici fanno un lavoro di delegittimazione politica totale. Certe categorie come (per fare un esempio di quelle messe in giro dalla critica sociale e letteraria) quella del narcisismo, sono tremende: depotenziano l’irriducibilità degli artisti; e i critici che la utilizzano, di fatto collaborano con lo Spettacolo per integrare cio che è irriducibile. Lo si può dire di tutti. Anche Catullo e Céline, se vogliamo applicare quella categoria, erano dei narcisisti, ma che senso ha? Ciò che hanno scritto ha un peso o no? Va contro il discorso inerte? Contesta il potere disumanizzante? Ci serve come arma contro l’integrazione livellante, lo spossessamento di vitalità, la spoliazione totalitaria, pubblicitaria, televisiva? Infatti io ho cercato di spostarmi, dal narcisismo, alia categoria sacrificale e gioiosa dell’esibizionista. Se proprio vogliono appiopparci una categoria, che ci definiscano esibizionisti, non narcisisti.
- Novalis: dove gli dei spariscono i fantasmi regnano.
- Tutto è inutile. Ho lavorato senza mai un risultato; ho oziato, la mia vita si è svolta nella identica maniera. Ho pregato, non ho ottenuto nulla; ho bestemmiato, non ho ottenuto nulla. Sono stato egoista sino a dimenticarmi dell'esistenza degli altri; nulla è cambiato né in me né intorno a me. Ho amato, sino a dimenticarmi di me stesso; nulla è cambiato né in me né intorno a me. Ho fatto qualche poco di bene, non sono stato compensato; ho fatto del male, non sono stato punito. – Tutto è ugualmente inutile(guidomorselli 6 novembre 1959)
- La vita degli uomini non vale un verso di Baudelaire - Akutagawa
- fu un periodo veramente spudorato e imbecille. Ovviamente mi presentavo di rado a lezione. Aborrivo ogni tipo di impegno e passavo il mio tempo con indifferenza oziando qui e là con Hatsuyo o.dazai
- Ahimè, povera musa mia, che cos'hai stamane? - Baudelaire
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- Quando ordinavano un giro, L. pagava i bicchierini di liquore – whisky, brandy, rum, gin – che accompagnavano la birra acquosa. Questo era il motivo per cui lo tolleravano. Il loro linguaggio era sempre altamente osceno – cazzo qua, figa là – e, non diversamente dagli internati, le loro conversazioni erano una rozza litania di recriminazioni e torti subiti, propositi di brutali vendette o fantasie di appagamento sessuale - william boyd
- "Ma che importano le cose? Se sopravviviamo noi, tutto il resto si può rifare da capo..." - detto x
- Ecco il motivo per cui ripetevamo e ripetiamo mondo del lavoro, diamo per scontato che sia un mondo a parte, dove ogni crudeltà è possibile proprio perché è lavoro e non ciò che prende gran parte della vita, tanto da ridursi a essere la vita - G.FALCO
- Per me l'angoscia più crudele fu quando mi annientarono la parola prima che m'uscisse di bocca.
Imparai, per esperienza amara, a tener la lingua a posto: imparai a star zitto, e anche a sorridere, quando avevo la bava alla bocca. Imparai a dar la mano e a dire come sta, a tutti quei demoni dall'aria innocente che aspettavano solo di vedermi seduto per succhiarmi il sangue. — Henry Miller, Tropico del Capricorno
- Un individuo che sia guidato più dall’inconscio che da una scelta cosciente tende perciò a uno spiccato conservatorismo psichico. Questo è il motivo per cui il primitivo non muta neppure durante i millenni, e teme ciò che è estraneo e inconsueto, che potrebbe portarlo al disadattamento e da qui verso i più gravi pericoli psichici, insomma a una sorta di nevrosi. Una coscienza, più elevata e dilatata, che deriva dall’assimilazione di ciò che era estraneo, tende all’autonomia, alla ribellione contro i vecchi dèi, che altro non sono che le potenti immagini archetipiche inconsce che fino ad allora avevano tenuto la coscienza in stato di soggezione.Quanto più forte e autonoma diventa la coscienza, e con essa la volontà conscia, tanto più l’inconscio viene relegato sullo sfondo, e tanto più facile diviene per il prodotto della coscienza emanciparsi dal modello archetipico inconscio. Guadagnando in libertà, infrange le catene della nuda istintualità, e giunge infine a uno stato di assenza di istinto, o anche di opposizione ad esso. Questa coscienza sradicata, che non si può più appellare in nessuna circostanza all’autorità delle immagini arcaiche, ha certamente qualcosa della libertà prometeica, ma anche della hybris senza dio. Essa si libra al di sopra delle cose, perfino al di sopra degli uomini, ma corre il pericolo di perdere l’equilibrio, e questo non tanto per i singoli individui, quanto piuttosto per l’insieme dei membri più deboli di una siffatta società, i quali vengono poi, anch’essi come Prometeo, incatenati al Caucaso dell’inconscio. Il saggio cinese direbbe, con le parole dell’I Ching, che quando lo yang ha raggiunto il punto di maggior forza nasce nel suo interno l’oscura potenza dello yin, poiché col mezzogiorno inizia la notte, e yang spezzandosi diventa yin - c.g.j.