In tasca, pochi soldi e molti sogni. In entrambi i casi, meno dei miei anni. Ne ho 26.

Mi interessa quasi tutto. Perché ho imparato che tutto è utile, nonostante nulla sia indispensabile.

Vengo da una città di cui sono fiera e di cui mi vergogno. Quando ne sono fuori, la difendo; quando ci sono dentro, mi ci incazzo.

Dai 14 ai 22 anni ho creduto fermamente di essere sfigata. Così ho desiderato ardentemente un gatto nero.

C’è stato un tempo in cui ho creduto davvero in una svolta positiva, ma col passare degli anni ho compreso che molte cose, più che speranze, sono utopie vere e proprie.

Intorno ai 23 anni ho capito che, a me, per essere felice manca soltanto la felicità. E che sono io a negarmela di continuo. Ho imparato a convivere con questa cosa, e a non dannarmi la vita inutilmente.

Poco prima dei 25 anni, in un periodo realmente buio della mia vita, ho trovato un gatto nero. Non mi sono chiesta se fosse un segno del destino, un dono dell’universo, o semplicemente la solita sfiga. L’ho tenuto con me.

Il mio nome è Roberta, ma ho avuto talmente tanti soprannomi ché puoi chiamarmi come ti pare. Tanto non mi giro uguale. Ammetto di essere diventata un po’ sorda.

Forse anche un po’ stronza.

[scritto il 27/11/2018]